Fedele al suo “Vo Danh” (nome d' arte), che è Kim Long (Drago D' Oro), sinonimo di nobiltà, forza ed elevazione, il Maestro Bao Lan ogni anno torna in patria per continuare lo studio delle arti marziali, del combattimento e della medicina tradizionale.
Amico di tutti i cultori del Budo, tiene spesso seminari e stage aperti a vari stili. La sua impostazione tradizionale si lega ad una mentalità moderna, che gli consente di unire lo spirito orientale a metodi di lavoro scientifico: ciò gli ha permesso di portare i suoi allievi ad alti livelli di preparazione.
Attualmente è Esperto Internazionale 9° dang; membro della Federazione Internazionale (“Vietnamese Martial Arts World Federation”) e del Consiglio dei Maestri del Viet Vo Dao. È Direttore Tecnico delle regioni Veneto e Lombardia, Presidente Onorario della Federazione Viet-Boxing Italia, Presidente e Direttore Tecnico della Federazione Viet Tai Chi Italia.
SU DAO - LA VIA DEL MAESTRO
Spesso mi viene chiesto: “Quale è la differenza nella pratica e nell'insegnamento del Viet Vo Dao nel Vietnam e nel mondo occidentale?”.
E' una domanda veramente difficile e complessa. Guardando dall'esterno, la differenza è abissale, dovuta alle diversità di tradizione, cultura, oltre che alle abitudini fisiche e agli obiettivi finali.
La maggior parte dei praticanti pensa che in Vietnam si segua la Via delle pratiche "tradizionali" ed in Occidente quella "moderna" o "sportiva".
Questa è una considerazione errata, in quanto l'Arte Marziale segue la Via del cuore (passione), quindi la tradizione sta nei principi e non sulle metodologie!
Vi è molta gente in Vietnam che pratica le Arti Marziali come sport ed altrettanti Italiani che vivono le stesse con vero spirito orientale.
Una cosa è certa: la perseveranza, unita alla dedizione totale alla scuola e soprattutto la completa fiducia nel proprio Maestro, porta molti praticanti delle Arti Marziali Vietnamite a dei livelli altissimi. Lo stesso discorso è valido anche in Italia, ma, purtroppo, ha tempi assai poco durevoli...
Il praticante italiano parte convintissimo del proprio obiettivo e stravede per il proprio Maestro, ma si perde facilmente alle prime battute d'arresto; i pochi che riescono ad arrivare all'insegnamento diventando Maestri, spesso si dimenticano che si deve, prima di tutto, essere dei "buoni allievi".
A tutti gli allievi piace moltissimo l'immagine di un vecchio Maestro dalla barba lunga e bianca, che compie delle imprese incredibili, come saltare sopra un albero, o tirare tre calci volanti in un batter d'occhio. Lo stesso Maestro, però, è molto saggio, buono, dolce e passa tutta la vita insegnando a pochi allievi, i quali vengono quindi sottoposti continuamente a dure prove.
Anche io, quando ero piccolo pensai così (vi confesso), forse perché avevo visto tanti film cinesi ed avevo letto molti romanzi taoisti.
L'immagine del Maestro "made in Hong Kong" mi perseguitò per molti anni e, dopo molte ricerche, rimasi deluso ed amareggiato.
A distanza di molti anni, mi viene da sorridere pensando a cosa possa servire un Maestro così. Riuscirà ad insegnare a vivere in una realtà come quella di oggi?
Per raggiungere i livelli più alti delle Arti Marziali, ci vorrebbero tre elementi: un buon allievo, un buon Maestro ed una buona intesa. In mancanza di uno di questi tre, lo scopo finale non si potrebbe raggiungere.
Il buon allievo è colui che accetta qualsiasi insegnamento, senza alcuna condizione e critica, riservandosi il diritto di applicazione, che può durare per tutto il periodo di pratica dell'Arte Marziale (a qualunque livello e cintura); questo non è altro che avere fiducia in se stessi, poiché è l'allievo che ha scelto il Maestro.
In occidente, l'allievo è spesso esigente, forse a causa della filosofia del consumismo e delle comode abitudini; tutti vorrebbero il migliore dei Maestri, con la minor spesa e minimi obblighi. Rimane sempre un problema: il migliore dei Maestri spesso non vuole te e tu non vuoi il peggiore dei Maestri! Quindi non si deve sprecare il tempo a cercare un buon Maestro se non si è ancora pronti per essere un buon allievo!
Essere un buon Maestro è assai complicato, poiché il buon Maestro non pensa mai di esser tale. Egli conosce quello che fa, ama tutti gli allievi ed indica loro la Via per superare se stessi. Il compito del Maestro è quello di illustrare errori e limiti, demolendo i successi fasulli spesso indicando la soluzione ai problemi e mettendo gli allievi in uno stato di dubbio, per risvegliare la fantasia e provocare l'orgoglio. L'allievo per reazione cercherà di dimostrare la propria capacità, superando i propri limiti e quindi trovando la propria Via.
Più complesso è il rapporto tra allievo e Maestro: il distacco, nel rapporto umano, favorisce l'attività didattica, ma spesso porta ad un'incomprensione e all'allontanamento di entrambi. Al contrario, l'amicizia favorisce l'intesa umana, ma penalizza il lavoro e spesso porta alla crisi di ruolo. La prima generazione degli istruttori italiani, cioè coloro che hanno ricevuto insegnamenti duri dai Maestri vietnamiti, si sono rivelati degli ottimi insegnanti, temprati forse dalle difficili prove tecniche e spirituali. Purtroppo una buona percentuale di essi si è persa durante la via e quelli rimasti qualche volta provano distacco ed incomprensione verso il proprio Maestro.
La seconda generazione degli istruttori è cresciuta meglio, ereditando le esperienze dei primi e trovando la strada più spianata, ma non giunge ai livelli più alti dell'arte, poiché immotivata e spesso svuotata interiormente.
L'armonia sta nel saper scegliere la via di mezzo; essere un buon Maestro è come essere un padre ed un amico contemporaneamente, avendo il giusto giudizio del padre e la comprensione dell'amico.
Tutto ciò sembra molto difficile e certamente lo è. Ecco perché non ci sono molti Maestri! Se doveste scegliere, tra le varie alternative, mettete in primo piano quella di essere un buon Maestro, poiché l'allievo non è venuto in palestra alla ricerca di un amico, ma di un buon Maestro! Se ritenete di non essere ancora perfetto per dare il buon esempio, cercate lo stesso di vivere ed interpretare il vostro ruolo, un giorno forse lo diventerete!
Comunque, nessuno è perfetto, tutti sbagliano nel lavoro e nella vita privata, ma il tentativo di aiutare gli altri a non sbagliare e la fedeltà all'ideale del Viet Vo Dao, elimina i piccoli errori e ci rende grandi.
Quando ho iniziato ad insegnare, il mio Maestro mi disse: "Questo è un lavoro duro ed ingrato, non aspettarti niente dagli allievi!". Credevo intendesse intimidirmi, ma potei constatare la realtà quando i primi allievi che amavo tanto andarono via, facendomi soffrire moltissimo e facendomi sentire tradito.
A distanza di anni, penso diversamente: tutti gli allievi, prima o poi, si allontaneranno dal proprio Maestro, poiché non saranno mai dei Maestri se rimanessero sempre sotto di noi. Voler bene all'allievo, significa augurarsi il suo bene e la sua crescita, anche se dovesse intraprendere un'altra via senza di te!
Per quanto mi riguarda, ritengo di essere stato molto fortunato ad avere come Maestro un grande uomo: il M.° Phan Hoang. Ciò che possiedo lo devo a lui e non lo cambierei con nessun altro, anche se fosse il più grande Maestro del mondo.
Da quando l'ho conosciuto sono passati 23 anni, eppure provo sempre l'affetto del primo giorno: timore e rispetto unito a stima e devozione. Il tempo ci ha unito, anche sul piano umano, e qualche volta scopro di avere in lui un buon padre ed un ottimo amico. Ciò che dona carisma e rende così grande il M.° Phan Hoang la semplicità: vive per quello in cui crede e dimostra quello che è.
Più di 4.000 anni fa, c'era un grande Maestro, il suo nome era Siddhartha (il grande Buddha). Quando fu illuminato, tenne la prima conferenza nel giardino di Giava, davanti a numerosi adepti e Maestri di altre scuole indiane. Alla fine del suo insegnamento, un Maestro gli domandò: "Tu che sei il Maestro Illuminato, cosa fai di speciale?". Buddha gli rispose: "Niente! Mangio e dormo, respiro e vivo come tutti voi, il fatto è che sono conscio di quello che faccio e di quello che sono!".
Noi siamo consci di quello che insegniamo e di quello che facciamo? Vi auguro di sì!